Ècdisi
Le infinite mute dell’animo
a cura di Lucrezia Caliani, Giovanni Ceriello e Benedetta Roberto
L’eterna ricerca di uno stabile equilibrio e il bisogno di una costante trasformazione costituiscono una dimensione esistenziale a cui l’uomo è al contempo destinato e condannato.
Il cambiamento è infatti un processo ineludibile, che accomuna tutto ciò che esiste: si può riscontrare nelle ècdisi dei rettili, nelle crisalidi dei lepidotteri, nelle esuvie degli insetti, nei vegetali e nelle piante, ma anche nella materia non vivente, con i suoi passaggi di stato e metamorfismi.
Siccome è un processo insito in tutta la natura, anche l’essere umano ne subisce l’influsso: nelle sue varie declinazioni, il cambiamento è da sempre tema su cui riflettono scrittori, filosofi e artisti, dal Panta rei di Eraclito ai racconti di Apuleio e Ovidio; dall’Apollo e Dafne di Gian Lorenzo Bernini alle Metamorphosis di Maurits Escher; dai romanzi di Nikolaj Gogol e Franz Kafka, fino a giungere al concetto di modernità liquida di Zygmut Bauman per cui domina la convinzione che il cambiamento è l’unica cosa permanente.
A causa della complessità del mondo contemporaneo, l’essere umano infatti lotta con una costante incertezza, ritrovandosi in una grave crisi identitaria; il crollo dei punti di riferimento su cui la società si è costruita fino alle porte del nuovo millennio si riflette sull’auto-percezione individuale. Si genera così uno smarrimento tanto radicato da necessitare di volta in volta una totale trasfigurazione, che permetta all’individuo di adattarsi camaleonticamente a realtà in costante evoluzione.
Ma la trasformazione può avvenire anche per desiderio o necessità, come unica risposta possibile per adattarsi allo scorrere del tempo e sopravvivere al mutare delle condizioni esistenziali di ogni individuo. Se il cambiamento è infatti una forza ineluttabile che agisce sia sull’interiorità che sull’esteriorità dell’essere, con le sue mute esso rappresenta anche il sistema auto-realizzativo necessario all’esistenza, alla crescita e alla sopravvivenza, l’unica soluzione che permette all’individuo di evolvere, attraverso perpetue metamorfosi. Queste ultime sono processi naturali e intrinsecamente dolorosi poiché obbligano a cedere una parte di se stessi, ma permettono anche di aprirsi a qualcosa di nuovo e lasciare spazio a venturi sviluppi del sé.
Uniche prove materiali di questi processi sono dunque le ècdisi, tutte le mute che ogni essere umano abbandona, di volta in volta, nel corso della propria vita allo scopo di giungere a una sempre nuova rigenerazione, definendo una stratigrafia dell’esistenza, in un ciclico e uroborico rituale a cui niente e nessuno può sottrarsi.