Il Talent Prize Alice Padovani si racconta a Paratissima

 

foto alice 2a Le tue coordinate anagrafiche e geografiche.

Sono nata a Modena nel 1979: qui vivo e ho il mio studio.

Quale tipo di percorso formativo hai seguito, lineare o atipico?

Definirei il mio percorso decisamente atipico. Ho attraversato una moltitudine di generi artistici: lo studio della musica classica, il lavoro come attrice e regista nell’ambito del teatro di ricerca, gli studi di filosofia all’università e una seconda laurea in arti visive in tempi relativamente recenti, per non perdere mai quell’impulso curioso che muove ogni passo della mia vita. Durante tutti questi anni, di sperimentazioni a vari livelli, ho portato avanti un lavoro come artista visiva che è rimasto a lungo sommerso e che solamente dal 2012 ha iniziato a mostrarsi in pubblico, per poi diventare in poco tempo la parte preponderante della mia vita.

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Hai un mezzo espressivo o una tecnica privilegiata?

Non ho una tecnica privilegiata in quanto utilizzo ciò che risulta necessario affinché un’opera possa svilupparsi ed essere costruita nella sua forma ideale. L’installazione, il disegno, la performance sono solo alcune delle modalità espressive con cui amo misurarmi.

 Da dove scaturiscono le idee di nuovi progetti o lavori, cosa è che ti ispira maggiormente? Attualità, letture, circostanze casuali oppure ossessioni?

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Direi che il caso e le ossessioni (mirabilmente intrecciati) sono di certo la fonte di ispirazione principale da cui attingo. Ad ogni modo l’ispirazione non è qualcosa che cerco e arriva spesso nei momenti meno significativi a testimonianza del fatto che il cervello, o almeno la sua parte più profonda, continua a creare connessioni in modo autonomo.

Nel tuo fare arte cosa è inevitabilmente ricorrente come stile, materiale, forma, soggetto o messaggio.

Ciò che maggiormente ricorre nei miei lavori, e che è immediatamente riconoscibile anche ad una prima e più superficiale lettura, è la presenza del corpo della natura. Nelle mie opere, siano esse installazioni, performances o piccoli quadri da appendere a parete, inserisco sempre elementi che provengono dal mondo vegetale e animale. A una seconda e più profonda analisi poi, ciò che ricorre, è la modalità a tratti compulsiva della raccolta, della catalogazione, della collezione che rimanda in modo prepotente alla mie primarie ossessioni sulla morte e sulla perdita.

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I tuoi punti di riferimento artistico.

Tutti e nessuno. Non saprei indicare chi e in che misura abbia influenzato maggiormente il mio lavoro. Subisco il fascino di stili, epoche storiche e artisti profondamente diversi, viventi e non. In una certa misura ogni artista lascia delle tracce più o meno visibili nel lavoro degli altri. A volte le suggestioni e i riferimenti che ci portiamo dietro sono di derivazione sicura, altre volte fanno parte di un percorso più sotterraneo di cui non siamo mai del tutto consapevoli.

Twitta il messaggio fondamentale sotteso al tuo lavoro, ovvero hai 140 caratteri a tua disposizione.

Siamo animali che hanno perso la memoria.

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Stai lavorando ora a qualche progetto in particolare?

In questo periodo ho davvero molti progetti in corso. Sto sperimentando ad esempio con materiali diversi con cui non mi ero mai cimentata, come la ceramica, restando però sempre fedele a un processo di raccolta e ritrovamento. Tra i vari progetti “work in progress”, c’è anche la realizzazione di una installazione site specific che vedrà forse la luce alla fine del 2019: una immensa natura morta nella forma di un giardino statico in cui, come al solito, elementi solidi e inerti dialogheranno con la parte effimera e mutevole della natura.

Cosa è indispensabile per un artista agli esordi?

Essere appassionati e determinati: sperimentare di continuo. Essere avidi di conoscenza e non fermarsi mai al primo successo perché i risultati migliori, (almeno per esperienza) si concretizzano sempre al di fuori della cosiddetta “confort-zone”.

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Il rapporto/confronto tra artista emergente e curatore: necessario, occasionale o superfluo?

Dipende dai contesti. Può essere occasionale, spesso è necessario, ma di certo non è mai superfluo. Il confronto curatoriale è sempre utile, anche quando si ha una certa sicurezza di sguardo, perché in un attimo, la lettura esterna di un curatore, può estendere la consapevolezza di un artista senza necessariamente condizionarla. Vedere con gli occhi dell’altro è forse uno degli aspetti più interessanti della curatela di una mostra.

Sei stata la vincitrice del Talent Prize istituito in occasione di Paratissima Bologna su oltre 100 partecipanti. Quali possibilità ti ha aperto questo riconoscimento?

E’ stato un riconoscimento importate e come diretta conseguenza , ha determinato un interesse crescente nei confronti del mio lavoro. Dandomi, inoltre, la possibilità di allestire un’intera stanza in occasione dell’evento di Torino, sono certa che porterà molte altre occasioni di conoscenza e incontro, che innescheranno a loro volta situazioni come in un grande effetto domino.

Quali sono i tuoi progetti futuri?

Continuare a lavorare come artista a tempo pieno e trasmettere a più persone possibili il senso della meraviglia e della curiosità, qualità che si stanno tristemente dissolvendo nella società contemporanea.

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CONTATTI:

www.alicepadovani.com

https://www.instagram.com/alicepadovani79/

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