Le tue coordinate, anagrafiche e geografiche.
Bologna, 21 aprile 1986. E ci tengo molto: 21 Aprile 1945, Bologna è liberata dall’occupazione nazifascista.
Raccontaci un po’: Chi e’ Luca?
Luca di fatto, da dieci anni, è un bancario. Ma il cuore dice altro. Gli studi umanistici presso l’Università di Bologna – Lettere moderne e Storia medievale – ne sono la spia. A 10 anni, guardando “Domenica In” ho scritto la prima poesia. Probabilmente lì è accaduto l’inevitabile: non ho più smesso. Ecco allora che il cuore dice soprattutto di quella voglia mattia – passionaccia – che oggi sento, voglia di fare arte, di scrivere, e quindi anche se non la amo mi prendo anche l’etichetta di poeta. Ma non te lo nascondo: me la sento molto stretta.
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Nasci come poeta e le tue “poesie espresse” sono delle piccole epifanie in cui trasformi perfetti sconosciuti in pensieri e parole, lasciandoti guidare dalla musica. Ora, in “Elogio al Camaleontismo”, la mostra a cura di Clara Rodorigo e Margaret Sgarra presentata nella sezione “Nice&Fair_Contemporary Visions”, presenti per la prima volta i tuoi “Stilemi”: cos’e’ cambiato? In cosa si stanno trasformando le tue “Poesie Espresse”?
Per caso da studente di Lettere ho letto qualche scritto di Darwin. Da allora il cambiamento mi è entrato in testa e non è più uscito. Credo che una forma artistica che non si rinnovi sia a serio rischio di estinzione. “Stilemi” non è altro che raccontare la stessa cosa ma facendo dialogare gli occhi, prima ancora che le orecchie (con il suono), con la poesia. In fondo la poesia è anche e soprattutto forma. Ma se la forma diventasse sostanza? E se le singole lettere, da suoni, diventassero segni grafici in grado di raccontare? Magari raccontare ancora di più che le parole. Magari in grado di raccontare cose diverse in funzione delle lettere, delle parole quindi, alle quali vengono affiancate. “Stilemi” è un processo di crescita, è una evoluzione. Che si è innescato. E che onestamente non so dove arriverà. Ed è questo che amo di più.
Tra tutti i linguaggi, quello poetico è spesso percepito come più lontano o meno familiare rispetto ad altri, eppure poeti come te o il torinese Guido Catalano hanno avuto il merito di avvicinare il grande pubblico alla poesia: da “addetto ai lavori”, quale pensi sia la condizione attuale e quali credi possano essere i futuri sviluppi della poesia in Italia?
La poesia è un istituto letterario che sopravvive da millenni. Pensa soltanto all’Iliade e all’Odissea. Tutti la danno per morente. Ma lei è sempre lì, in ottima forma. Per cui io credo che la poesia saprà trovare, un po’ come una specie (e torna il tema darwiniano) per sopravvivere alle nuove tecnologie, ai nuovi bisogni comunicativi del pubblico, alle nuove forme di fruizione. La vera sfida è un’altra: dialogare con il reale e non opporsi. Se Dante Alighieri avesse letto la poesia di Pasolini, forse, non so, ipotizzo, ne avrebbe avuto ribrezzo. Come Dante stesso era visto da alcuni suoi contemporanei come un rivoluzionario, un folle. Ma questa è la condanna di ogni epoca. E allora anche oggi, tanti autori che vengono disprezzati come troppo moderni, come non-ortodossi o fuori dai confini, in realtà sono solo anticipatori.
Le tue fonti di ispirazione. Da dove scaturiscono le idee di nuovi progetti o lavori? Attualità, letture, circostanze casuali oppure ossessioni personali?
Le ossessioni personali? tutti ne abbiamo. Forse chi scrive non ha paura di mostrarle, anzi a tratti le esibisce. Un caro amico, e stimato poeta, Davide Rondoni, in una della nostre ultime chiacchierate mi ha inoculato il tarlo del legame alto-basso, della poesia non come ludus (gioco) ma come tramite terra-cielo. Ecco: questa è forse l’ossessione che più ora sento. I nuovi progetti invece nascono da quella curiosità se vuoi scientifica che ho avevo di far reagire (leggi dialogare) le arti. Per esempio “Stilemi” è nata come idea durante il lockdown dopo aver letto alcuni saggi di architettura da Aldo Rossi a Stefano Boeri, Lynch, Gregotti: ho iniziato a guardare la poesia come “struttura” plastica e non solo linguistica.
Il rapporto/confronto tra artista emergente e curatore: lo definiresti necessario, occasionale o superfluo?
Non hai messo l’aggettivo più giusto: vitale. (Scherzo, ovviamente). Necessario è la parola giusta. Ma vorrei andare oltre: necessario si riferisce più a una questione tecnica, io aggiungo vitale, perché ogni artista deve prima di tutto pensare alla sua crescita come essere umano, la quale si rifletterà quindi anche nel lato artistico. E per parte mia credo che il curatore, come Clara, nel mio caso, sia un faro, una luce, una guida, un binario, inspiegabile se non con la gratitudine.
Stai lavorando a qualche progetto futuro in particolare?
Questi giorni torinesi sono la conclusione di quello che doveva essere il tour di un libro che, per motivi ovvi, non è uscito lo scorso maggio. E che invece uscirà il prossimo marzo. La nuova raccolta di poesia, edita da Mondadori, sarà il mio primo vero banco di prova. Questo è il progetto più importante al quale sto tuttora lavorando e finirò di scrivere le ultime poesie proprio da sotto la Mole, anche perché non mi nascondo: amo Torino. Qui e nei dintorni ho tanti cari amici scrittori, come Paola Cereda, Guido Catalano, Alessandro Barbaglia. L’altro progetto che invece sto per ora solo elaborando è quello di un dialogo tra poesia e architettura. Vorrei provare a mettere in comunicazione questi due mondi, partendo da Stilemi, e andando a oltre. Una riflessione visiva e linguistica.
Raccontaci cosa succederà a Paratissima Art Station, durante “Nice&Fair_Contemporary Visions”
Prima di tutto starò con delle belle persone come tutti voi di Paratissima. E questa è la cosa forse alla quale tengo di più. Ma per parte mia scriverò: ci saranno diverse performance di #PoesiaEspressa per tutti i visitatori. E quindi chi vorrà potrà farsi fare la sua poesia da portarsi a casa. E poi racconterò di #Stilemi a chi vorrà prendere parte a questa esperienza visiva e poetica. E infine leggerò. Sì perché la poesia è anche voce e corpo. Ci saranno – credo – due momenti, due reading, di un’ora poco più. E in quell’occasione leggerò anche e soprattutto cose nuove. Sarà un piccolo assaggio del libro nuovo, una sorta di preview, proprio qui, proprio a Torino, per gli amici di Paratissima, il mio modo per dirvi quanto siate preziosi.
Tre hashtag indispensabili per definire la tua poetica e a cui non potresti mai rinunciare…
#PoesiaEspressa (la mai performance) #Insieme (chi scrive e chi legge, siamo una cosa sola) e #Stilemi (la nuova creatura, il nuovo progetto)