SIMONE BENEDETTO
Graft #0
CONCEPT
Esiste, in botanica, la cosiddetta “epoca dell’innesto”; essa è la condizione necessaria perché l’innesto si realizzi. È un’operazione delicata, giocata sull’equilibrio e sulle adeguate attese tra la gemmazione dell’oggetto (chiamato “nesto”, ovvero la pianta ospite da innestare) e del soggetto (la pianta che accoglie l’elemento estraneo). Da queste sequenze biologiche si possono trarre le movenze con le quali l’artista ha concepito e strutturato i suoi innesti; le sue sculture, come nuove fronde che superano in robustezza i precedenti rami, segnano un punto di partenza per una rinnovata visione dell’arte e dell’estetica. Innanzitutto, le conformazioni umane: non figurativamente delineate e didascaliche, bensì brulle e scabre, come radici dissotterrate. E radicate sono infatti le pose: chiusi, accovacciati, riflessivi oppure conserti, i corpi rispecchiano una tecnica vicina alla coscienza della finitezza e della limitatezza antropica piuttosto che alla ricerca di realismo.
Testo di Federica Maria Giallombardo
BIO
Simone Benedetto (Torino, 1985), dopo essersi laureato all’Accademia Albertina di Belle Arti in Scultura e Arti Plastiche la sperimentazione dei materiali (bronzo, cemento, resine e siliconi), la combinazione delle tecniche plastiche e la commistione di linguaggio realistico e visionario consentono di affrontare tematiche sociali spinose e complesse, mostrando la contraddittorietà del quotidiano con un intimo e originale sguardo critico. Le sue opere suggeriscono all’osservatore domande insolubili ma necessarie, scandagliando tematiche come il rapporto tra uomo e feticcio, il dialogo tra l’età adulta e l’infanzia, l’alienazione dell’epoca odierna e la repressione sentimentale di un momento storico in cui, sempre più pericolosamente, l’oggetto tende a sostituire il soggetto.