Indacoterra
di Lidia Bianchi
Testo Critico a cura di Francesca Greco
La pratica artistica di Lidia Bianchi prende forma dalle intuizioni estetiche suscitate dal paesaggio e le sue istanze, e si articola in una serie di distillazioni immaginifiche del paesaggio stesso, all’irrealizzabile ricerca dell’arcaico insito nelle fenditure del contemporaneo. Questa vertigine genera reminiscenze archetipiche, e porta lo spettatore a riflettere sull’altrove-da-qui, la distanza e ciò che è destinato ad essere distante.
La fotografia è il mezzo privilegiato: è il linguaggio della distanza, perché pone lo spettatore lontano dal tempo e dallo spazio dell’immagine, che risulta necessariamente altro da questo. È, inoltre, il portale che unisce l’interiorità dell’artista con le narrazioni universali dell’esperienza umana. Dunque, questi altrove risultano essere allo stesso tempo verità e miti.
Attualmente la ricerca della fotografa si concentra sul paesaggio come spazio estetico, luogo di immaginari antichi e nuovi che, ponendosi in rapporto dialettico tra loro, configurano una narrazione visiva altra, incentrata sulle forze telluriche che lo animano.
Indacoterra
Testo critico a cura di Francesca Greco
INDACOTERRA
Lo sfondo è Indacoterra
< Come faremo a uscirne? > La risposta è: non ne usciremo, a meno di accettare di farci carico, come Atlante, di questa temperatura, di questa atmosfera, della proliferazione di commensali che un tempo consideravamo semplicemente un <ambiente> del quale non dovevamo occuparci e <nel quale> ci
limitavamo a <collocarci>, alla stregua di una trave. […] Questa è la nostra nuova libertà […]. Bruno Latour, Dove sono? Lezioni di filosofia per un pianeta che cambia, Einuidi, 2022
A-protagonismo, a-individualismo. Lo sfondo è Indacoterra, Indacoterra non è uno sfondo. Indacoterra si fa carico dell’atmosfera, di ciò che ci circonda, che ha pari importanza della presenza fisica di un soggetto in primo piano, che si rivela per quello che è: un ambiente in vita, fatto da vite, che non sono immobili, ma in continua evoluzione, che con-partecipano alla nostra esistenza, che ci aiutano a comprendere l’impossibilità dell’individualismo. Sono così vitali da essere blu, ci invitano alla melancolia, che li ha resi dimenticabili e dimenticati. Gli strati di pietra raccontano una storia evolutiva di cui noi non abbiamo nemmeno fatto parte, sono nostri antenati, nostri precursori; Indacoterra ci ricorda che questi devono essere visti, essere esplorati e toccati, sentiti, vissuti, compianti. Lo sfondo ti ha catturato, sei tu il soggetto, occupi uno spazio che ti appartiene, lo sfondo è il rapitore, tu il rapito. Davanti a te, il mare. Lo sfondo corre verso di noi, e noi nell’incontrarlo ci catapultiamo esattamente lì, noi siamo Lidia Bianchi.