Allison
Usa la fotografia come esercizio patologico, per rivelare le origini emotive dei suoi familiari, mettendo in scena momenti privati senza filtri. Il suo lavoro ruota spesso intorno a questioni esistenziali partendo da un punto di vista personale per poi portare a un’esplorazione di esperienze universali. un equilibrio tra lo spontaneo e l’accidentale, quindi con un approccio autentico e per nulla artificioso. Le piace mostrare scorci del mondo a cui appartiene, in cui spesso non si costruisce nulla.
Zoo, 2016
ZOO
Allison fotografa ciò che la circonda e ciò che intorno a lei. Non attende il momento giusto e non drammatizza una storia: gli scatti diventano così un modo per portare con sé ricordi, corpi percepiti.
Ricrea contatto e intimità con i suoi soggetti preferiti, persone normali, di poco interesse comune ma che secondo lei hanno grande importanza sociale. Solitamente si tratta di suoi coetanei, figli di un tempo povero di unione, dettato da spietate dinamiche che portano a un’esistenza fredda e individualista. Non usa un linguaggio esplicito, non ricorre a scene di droga, sesso o violenza.
In “Zoo” Allison racconta il ridicolo del quotidiano della sua generazione, il senso di inadeguatezza che la permea in qualunque situazione, dalla più complessa alla più semplice. Vuole fermare in modo catartico, talvolta ironico, i momenti in cui quel disagio è già passato, ma persiste in una forma leggera, quasi un alone, una patina che non può descrivere se non con la fotografia.