Alessandra Mita
Alessandra Mita racconta la sua realtà con la pittura che si plasma in base agli stimoli che ricerca: ha lavorato in UK come architetto, guidata dal dogma Less is more, poi a Barcellona dove la sinuosità di Gaudì piegava dolcemente le pareti. La sua formazione da pittrice non è convenzionale: ha studiato al Liceo Classico e al Politecnico, ma ha ricevuto una formazione da Valerio Berruti, artista internazionale, che la ha assunta come assistente per la realizzazione di un cartone animato sponsorizzato da SkyArt.
IG: @mita.alessandra
Il lavoro di ricerca
Al centro della pittura c’è il corpo, rappresentato con una linea graffiante che si altera nei punti in cui il carboncino si frantuma e alterna spazi pieni e vuoti in cui la figura si fonde con lo sfondo per ricordare l’ineluttabile appartenenza del nostro essere all’universo. Viene scardinata la narrazione della donna preda d’amore poiché la sensualità è potente ed attiva e l’androginia dei ritratti difende la lotta agli stereotipi di genere. I colori sono ottenuti da pitture murarie e pigmenti.
The Exhibition V
CONTATTI. STORIE E MEMORIE DI CORPI
L’opera di Alessandra Mita è un’immersione profonda nell’osservazione dell’essere umano e della sua interiorità.
L’artista adotta una visione universale dei moti dell’animo, riconoscendo che le emozioni e le esperienze che definiscono l’individuo sono, in realtà, condivise da tutti noi. Nel suo lavoro, il corpo umano non è un soggetto isolato, ma un elemento intrecciato nell’essenza stessa dell’universo.
Le porzioni dell’opera prive di colore rappresentano una sorta di omaggio al nulla, ai momenti di sospensione e all’assenza, sottolineando l’importanza del vuoto in una società spesso dominata dall’iperattività e dall’iperproduttività. Attraverso la sua pittura, Alessandra Mita ci guida in un viaggio di scoperta e introspezione che invita a contemplare la bellezza e la potenza del silenzio, del vuoto e della riflessione come chiavi per una comprensione più profonda di noi stessi e del mondo che ci circonda.
Testo a cura di Valentina Coppola