Talk
Liquida Photofestival ti aspetta dal 5 al 7 maggio con un programma di talk e presentazioni di pubblicazioni ospitati nella sala talk del blooming playground.
La sezione Editable e le presentazioni ad essa legate sono a cura di Vittoria Fragapane.
Ingresso gratuito alla sala Talk
I talk
5-6-7 MAGGIO
SOUVENIR
DI LORENZO CIANCHI
Modera: Vittoria Fragapane
Souvenir è una raccolta di poesie in cinque atti.
Souvenir, dal francese “sovvenire”, evoca la capacità di ricordare in maniera tangibile: pensieri lontani nello spazio e nel tempo assumendo le sembianze di volti, oggetti, luoghi. Le immagini poetiche di Lorenzo Cianchi e quelle fotografiche, selezionate dal collettivo Cesura, orchestrano una duplicità narrativa nell’intento di restituire l’immediatezza dell’esperienza, del reale.
I cinque libretti, custoditi in un cofanetto, riprendono il dispositivo delle cartoline a fisarmonica molto popolari fino a qualche decennio fa e possono essere letti singolarmente o come tappe della vita umana. Dalla nascita alla morte, passando per giovinezza e maturità: la leggerezza infantile, la preadolescenza, la difficoltà nel decifrare un desiderio, il senso di mancanza: la parola poetica accoglie la fotografia e insieme diventano cartoline di luoghi emotivi che abitano l’umano. Le poesie da un lato, le fotografie dall’altro: elogio allo strabismo del sentire, nella convinzione che la letteratura, diversamente dalla realtà, non ha, necessariamente, bisogno di un approdo.
Lorenzo Cianchi è nato a Empoli nel 1985. Dopo la laurea in scultura all’Accademia di Belle Arti di Carrara nel 2009, si specializza alla Tokyo Zokei University in Giappone. Collabora con gruppi e collettivi, proponendo progetti che spesso prevedono una forma partecipata e collaborativa. Ha maturato esperienza in ambito teatrale e performativo lavorando per il teatro I Macelli di Certaldo (Firenze). Ha partecipato a numerose mostre collettive, fra cui la XVI Biennale dei giovani artisti del Mediterraneo (Ancona) nel 2013 e Smuggling Anthologies presso il Rijeka Contemporary Art Museum (Croazia). Nel 2014 ha fondato a Milano il collettivo di design Rio Grande con Natascia Fenoglio e Francesco Valtolina, realizzando progetti per la London Design Biennale e la Kunsthalle Museum di Vienna.
5 maggio, 17.00-18.00
STILL BIRTH
DI CHIARA ERNANDES
Modera: Vittoria Fragapane
Chiara Ernandes, in una notte d’estate del 1989, nacque morta. Lo rimase per cinque lunghi minuti. Le narrazioni più retoriche e sensazionaliste ricamerebbero sul dolore di una madre. Sull’impotenza febbrile di un padre. Sulla frenesia dei medici, sacerdoti di un culto razionalista, in cerca di un piccolo miracolo laico. E sul sollievo di quel primo respiro. Ma tralascerebbe un soggetto fondamentale, la neonata. Quasi che l’acerba sfera emotiva di quella bambina, la rendesse impermeabile alle variazioni di un mondo ancora sconosciuto. E che per cinque interminabili minuti l’ha fatta attendere sulla soglia.
Still Birth non è solo un libro, è il risultato di un imprinting visuale, di un limbo che si è impresso nel subconscio di una bambina che ha deciso di attendere nell’altrove, prima di rivendicare il proprio diritto a esistere.
Chiara Ernandes è un’artista visiva che vive tra Roma e Viterbo. Dopo il liceo frequenta la Scuola Romana di Fotografia e Officine Fotografiche, interessandosi alla fotografia di scena. Inizia poi a lavorare come fotografa di scena nell’ambito del teatro contemporaneo e delle arti performative. Nel 2018 incontra a Roma Francesco Rombaldi curatore di Yogurt, uno spazio focalizzato sulle arti visive e la fotografia contemporanea. Tra il 2018 e il 2020 lavora e realizza “Still Birth”, una ricerca autobiografica nella quale affronta e approfondisce diversi temi personali relativi alla sua nascita. Il lavoro è diventato un libro nel 2021 pubblicato da Yogurt Edition, presentato in occasione di Charta, festival biennale di fotografia contemporanea a Roma. Arriva finalista al festival Circulation(s) e nel 2022 il progetto vince Giovane Fotografia Italiana, esponendo nell’ambito di Fotografia Europea a Reggio Emilia. Il progetto è stato esposto all’Athens Photofestival 2022 ed è arrivato finalista a diversi premi nazionali, tra cui il Premio New Post Photography di MIA Fair 2023. Attualmente lavora ad un nuovo progetto di ricerca.
5 maggio, 18.00 – 19.00
УYY
DI YELENA YEMCHUK
con Luca Reffo
Modera: Vittoria Fragapane
УYY è l’acronimo di Україна Yelena Yemchuk, ovvero la parola slava per “Ucraina” seguita dal nome dell’autrice del presente libro, nata a Kiev. Data l’ingannevole somiglianza tra У e Y, il titolo può sembrare a prima vista “perché-perché-perché”.
Il progetto editoriale riunisce le fotografie, i dipinti e l’archivio personale dell’autrice per far emergere gli elementi essenziali della sua ampia ed eterogenea ricerca. Il tempo della storia si disarticola in visioni frammentate, apparizioni fugaci e giochi di ombre.
Україна Yelena Yemchuk è come un sogno a occhi aperti che si svolge a ritroso. Dall’ultimo al primo, ogni capitolo fornisce una bussola di fortuna per non perdersi in un labirinto di eccezioni e coincidenze. Il libro è un invito a uscire dai confini del senso comune, ad abbandonarsi alla vertigine della memoria, a impegnarsi con l’autrice in un dialogo interiore e intimo attraverso l’immagine.
La produzione di Yelena Yemchuk come artista visiva è immediatamente riconoscibile, indipendentemente dal mezzo. Nata a Kiev, in Ucraina, Yelena è emigrata negli Stati Uniti con i genitori quando aveva undici anni. Yelena si è interessata alla fotografia quando il padre le ha regalato una macchina fotografica Minolta da 35 mm per il suo quattordicesimo compleanno. Ha poi studiato arte alla Parsons di New York e fotografia all’Art Center di Pasadena. Yemchuk ha esposto dipinti, film e fotografie in gallerie e musei di tutto il mondo. Ha scattato per il New Yorker, il New York Times, Another, ID, Vogue e altri. Yemchuk ha pubblicato il suo primo libro Gidropark, edito da Damiani nell’aprile 2011, seguito da Anna Maria, pubblicato da United Vagabonds nel settembre 2017. La Yemchuk ha avuto il suo primo debutto istituzionale con il progetto Mabel, Betty & Bette, un lavoro di fotografia e video al Dallas Contemporary Museum. Una monografia con lo stesso titolo è stata pubblicata da Kominek Books nel marzo 2021. Il suo ultimo libro Odesa uscirà nel maggio 2022, per Gost Books. Nel maggio del 2022 per Gost Books pubblica Odesa, nello stesso anno a luglio esce il suo ultimo libro yYY con la casa editrice Départ pour L’image.
5 maggio, 19.00 – 20.00
I HAD TO SHED MY SKIN
DI MATTEO DI GIOVANNI
Modera: Vittoria Fragapane
Cos’è la patria quando non si hanno radici?
Che cos’è Patria quando non si hanno radici?
Sei nato in un luogo che chiami casa, ma
non hai nulla a che fare con esso. Non lo senti tuo.
Puoi solo cercarne delle tracce.
Si prendono pezzi dai luoghi in cui si è vissuto – e dai
propri ricordi – si cerca di farli funzionare insieme.
Nasce nel 1980. Nel 1999 si trasferisce a Roma dove si laurea in Filosofia e inizia a lavorare nel campo della fotografia. A metà degli anni Duemila si trasferisce a Londra, dove inizia definitivamente a lavorare come fotografo per riviste come The Economist, Red Pepper, Slowfood Magazine, Hesamag e altre. Lavora anche come assistente per Jeff Lipsky e Simon Roberts, che influenzeranno il suo modo di lavorare. Dal 2010 studia Fotografia alla Westminster University di Londra, dove consegue un Master of Arts, con un lavoro sull’identità nazionale bosniaca 20 anni dopo la guerra dei Balcani sotto la guida di Max Houghton e David Campany. Il suo lavoro affronta questioni personali, intime, sociali e antropologiche, concentrandosi sui temi della memoria, dell’identità e dei limiti umani. Le sue fotografie di paesaggio rivelano una tensione tra natura e civiltà. È autore di tre monografie, I wish the world was even (2019), Blue Bar (2020) e I had to shed my skin (maggio 2022). Tutte sono state pubblicate da Artphilein Editions di Lugano (CH). I tre lavori possono essere visti come una “trilogia sciolta”, intitolata True Places Never Are, che si riunirà in una mostra personale alla Robert Morat Galerie nel giugno 2023.
6 maggio, 17.00 – 18.00
IN HER ROOMS
DI MARIA CLARA MACRì
Modera: Vittoria Fragapane
Dall’idea di restituire alla donna la sua nudità, slegando il corpo dall’oggettivazione sessuale, è nata l’esigenza di intraprendere un’indagine delle stanze dove avviene la scoperta di noi stesse, nei nostri momenti di libertà e intimità, come Virigina Woolf giustamente scrive nel suo saggio Una stanza tutta per sé (1929). tra le strade di New York, Los Angeles, Barcellona, Manchester, Parigi, Valencia, Marsiglia, Milano e Roma. Quasi tutte non originarie del luogo in cui sono state fotografate e mixed raced, queer, non binary; al di là di ogni casella precostituita, l’unico criterio è stata la propria empatia verso l’esterno, che le ha permesso di cogliere l’essenza di un nuovo sentire femminile internazionale e globale, sottolineando il dato di una forte trasmigrazione femminile. Maria Clara Macrì dal 2018 ha iniziato a girare il mondo per incontrare donne di altre culture che, attraversando il suo destino solitario, sarebbero state disponibili a prendere parte al suo progetto fotografico. Che fosse Milano o Parigi, Londra, New York o Los Angeles, ciò che contava per Maria Clara Macrì era riuscire a cogliere appieno ed esprimere visivamente la natura complessa e intensa della femminilità odierna, distruggendo gli stereotipi e liberando l’immagine della donna dalla sessualizzazione e dall’oggettivazione di cui è vittima. Così nasce il progetto In Her Rooms, in cui Maria Clara esplora il rapporto tra empatia, intimità e la rappresentazione contemporanea delle donne. La fotografa ha scelto di ritrarre i suoi soggetti all’interno delle proprie camere da letto, vedendo ciascuna di quelle stanze come uno spazio sicuro in cui le donne possono sperimentare e scoprire per la prima volta la propria identità.Il risultato è una serie di ritratti che, con ragazze di tutte le culture e percorsi di vita, riflette l’unicità delle donne. Interamente scattato su pellicola “In Her Rooms” è anche una raccolta di storie, poesie e aforismi che Maria Clara ha scritto sui suoi diari durante il suo viaggio da una stanza all’altra.
La fotografia di Maria Clara Macrì si è fatta conoscere per un modo di vedere empatico, emozionante e reale, approcciandosi alle personalità e ai corpi con tenerezza e sensualità. Attraverso i suoi progetti personali, come nel suo lavoro editoriale e commerciale, nella fotografia e nella cinematografia, l’artista di origine italiana ha tracciato un’atmosfera visiva che ha il suo fulcro nella connessione emotiva con il soggetto. Una creatrice di immagini che sta notevolmente influenzando le idee di come possa essere interpretato lo sguardo di una donna, rimodellato e reso nuovo nell’era corrente. Per Macrì, la camera è l’attrezzo per inquadrare emozioni profonde e la connessione con un senso di estetica che è pittorico e cinematografico allo stesso tempo. Ovunque lei viaggi, la fotografa ricerca un senso profondo di collaborazione con i suoi soggetti e il loro ambiente, un’attitudine che si estende a formare collaborazioni che vanno oltre l’inquadratura. Maria Clara Macrì è stata nominata per il Foam Paul Half Award 2019, nominata nella i-D Global list dei 20 fotografi da seguire nel 2020. I suoi lavori sono stati inclusi in New Queer Photography Book 2020 pubblicato da Verlag Kettler e magazines internazionali quali i-D, Vogue, Vice, Dazed. È italiana e al momento vive a Parigi.
6 maggio, 18.00 – 19.00
I MADE THEM RUN AWAY
DI MARTINA ZANIN
Modera: Vittoria Fregapane
“Era estate e come molti bambini passavo le mie giornate ad un centro estivo. Una sera tornai a casa molto eccitata e dopo aver cenato da mia nonna salii al piano di sopra dove abitavamo io e mia madre con l’intenzione di andare a dormire. Appena entrai vidi mia madre e un uomo seduti sul divano a guardare la televisione. Mia madre mi chiese come fosse andata la giornata ed io non mi trattenni a mostrare ad entrambi ciò che avevo appreso. Cominciai a ballare e cantare di fronte alla televisione per circa 10 minuti, finché l’uomo non interruppe la mia performance dicendo “Si è fatto tardi, meglio che vada.”, seguito da uno sguardo fulminante da parte di mia madre. Una volta salutato l’uomo mia madre tornò in casa e mi disse “Com’è possibile che li fai scappare tutti?”.”
I Made Tem Run Away è una storia a più livelli che intreccia fotografia, immagini di archivio familiare e testi scritti dalla madre dell’artista. Raccoglie ricordi del passato e sentimenti presenti per riflettere sulle dinamiche delle relazioni – il bisogno di attenzione, le aspettative che causano disillusione, insicurezza e giudizio. Spostandosi tra i diversi punti di vista, Zanin ripercorre il ricorrente complicato rapporto tra lei, sua madre e l’”uomo”, non costante, per lo più rappresentato come un’assenza all’interno del lavoro. Fantasticando su un uomo che non è mai riuscita ad avere, la madre dell’artista scrive i suoi pensieri e desideri all’interno di un diario intitolato Lettere ad un uomo mai avuto. Gli scritti poetici si scontrano con le fotografie di famiglia strappate, delle quali la madre ha conservato solamente la sua figura, o quella della figlia, creando degli oggetti saturi di rabbia e solitudine. Ogni altra foto è la ricostruzione e l’espressione di emozioni e sensazioni passate venute a galla nel presente. L’interazione di prospettive crea un dialogo tra madre e figlia in due momenti di tempo differenti, riflettendo sul ruolo del passato nel presente, ed esplorando la coesistenza e la transizione di sentimenti opposti all’interno delle relazioni, come la compassione e la rabbia, l’attrazione e la repulsione, l’amore e l’odio.
Martina Zanin è un’artista visiva nata a San Daniele del Friuli nel 1994. Si forma presso l’Istituto Superiore di Fotografia di Roma e consegue il Master in Fotografia Contemporanea presso l‘Istituto Europeo di Design di Madrid. Inoltre, tra il 2018 e il 2020 si specializza in Arti Plastiche e Scrittura Creativa a Roma. Zanin è l’autrice del libro fotografico I Made Tem Run Away pubblicato da Skinnerboox, e di Older Tan Love, un libro d’artista auto-pubblicato. Nel 2021 vince il primo premio di Camera Work, ed è tra i vincitori di Giovane Fotografia Italiana, di Images Gibellina, e dell’avviso pubblico Cantica21. Italian Contemporary Art Everywhere promosso dal Ministero degli Afari Esteri e della Cooperazione Internazionale (MAECI) e dal Ministero della Cultura (MiC). Zanin è stata nominata per il Foam Paul Huf Award 2019 e il C/O Berlin Talent Award 2020. Il suo lavoro è stato esposto in mostre personali e collettive a livello nazionale ed internazionale, tra cui: Benaki Museum (2022), Fonderia 20.9 (2022), IIC Abu Dhabi (2021), FMAV – Fondazione Modena Arti Visive (2021), BACO – Base Arte Contemporanea Odierna (2021), Spazio Labo’ (2021), galleria studiofaganel (2021), Fotografia Europea (2021), Fondazione Fabbri (2020), Photo España (2018), Goethe Institute (2017), Palazzo delle Esposizioni (2015), Museo Laboratorio Arte Contemporanea (2015). Il suo lavoro è stato pubblicato su diverse riviste, tra le quali: Marie Claire Italia, Internazionale, Vogue Italia, Unseen Magazine, L’Essenziale Studio, Mother Tongue Magazine, Vostok Magazine.
6 maggio, 19.00 – 20.00
AI IMPACT: Α or Ω?
CON CESARE NAI E LIAM FALSETTI
I ragazzi di JugaadMag vanno alla scoperta degli effetti delle intelligenze artificiali in campo artistico e culturale. Attraverso un dialogo aperto si partirà dalle basi per poi arrivare agli impatti di questa nuova tecnologia sui creativi e gli artisti di oggi. Un talk interattivo che pone al centro della questione una semplice domanda: è l’inizio o la fine?
Cesare Nai: 1999, fondatore di JugaadMag, fotografo e digital creator. Nutrito da un costante interesse nei confronti di storie affascinanti, cerca di passare il suo tempo alla scoperta di nuovi stimoli in ambito visuale e comunicativo.
Liam Falsetti: 1998. Specialista di marketing e comunicazione, innamorato del cinema e dell’arte contemporanea. Crede fermamente nell’importanza delle sfumature del linguaggio e nel potere evocativo delle immagini.