Le tue coordinate, anagrafiche e geografiche.
Gianni Depaoli – Candia Canavese – 04 marzo 1961.
Definiresti il tuo percorso formativo lineare o atipico?
Considerato il materiale che utilizzo, dopo aver sperimentato la maggior parte delle sostanze, i temi che per primo ho trattato in modo diffuso, considerandoli “Constatazioni” in quanto sotto gli occhi di tutti e non “semplici Denunce” mi considero assolutamente atipico ed eclettico, aperto ad ogni tipo di sperimentazione e di contaminazione.
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Ogni artista si differenzia per uno stile particolare, dato da una sommatoria di fattori differenti. La tua ricerca predilige un mezzo espressivo o una tecnica in particolare? Nelle tue opere vi è qualcosa di inevitabilmente ricorrente, a livello di soggetto o messaggio? Quali sono i tratti distintivi della tua ricerca?
Ho sperimentato durante il mio percorso artistico ogni tipo di materiale con modi tradizionali (acrilici, ruggine, muffe, smog, resine, legno…), poi però ho pensato che fosse troppo banale continuare ed ho riflettuto su quale fosse realmente il materiale a cui sono legato: il pesce!
Faccio parte della quarta generazione nel settore ittico. Ho avuto modo di conoscere ogni tipo di prodotto essendo importatore. Cessata questa attività, ho continuato a manipolare gli scarti di questo elemento perché lui stesso con le sue colorazioni, escrescenze, sinuosità esprimesse delle forme d’arte al fine di nobilitarlo.
La sperimentazione, progettazione e definizione di questo materiale organico è molto complicata, inizia dal recupero del materiale, alla conservazione delle parti grezze, al trattamento in immersione e a temperatura controllata per circa un mese nella soluzione che lo conserverà e manterrà i colori naturali, alla lavorazione con bisturi e aghi di acciaio, fino alla stesura definitiva del metacrilato liquido che ingloberà e proteggerà l’opera da agenti esterni.
Le mie opere sono state definite da alcuni critici delle reliquie, io le definisco Fossili Contemporanei perché in futuro testimonieranno, come ora succede per i fossili preistorici, le bellezze naturali delle quali ora non ci accorgiamo e che probabilmente non esisteranno più o saranno irrimediabilmente modificate.
Sostenibilità e biodiversità sono due elementi cardine nella tua ricerca, tanto da aver dato vita a una nuova visione artistica denominata “organic trash art”. Come reagisce il pubblico di fronte alle tue opere in cui i rifiuti organici industriali arrivano ad acquisire una valenza artistica?
Il pensiero artistico come medium per divulgare il mio interesse verso la salvaguardia dell’ambiente è nato successivamente. L’utilizzo del pesce per la mia espressione, è dovuto proprio alla celebrazione di un essere che da sempre nutre i popoli, che conosco da quando sono nato e che ho imparato a rispettare grazie agli insegnamenti dei miei genitori e dei pescatori di tutto il mondo che ho conosciuto e frequentato e che mi hanno insegnato che il mare e i suoi abitanti vanno rispettati, bandendo in ogni modo l’inquinamento e la pesca indiscriminata.
Questa mia sensibilità provata ormai da tante persone, porta ad apprezzare le mie idee ed i miei lavori, sia per il messaggio forte che trasmettono, sia per la lirica espressa sia per le sensazioni create dalle trasparenze e nuances della materia.
Credi che l’arte contemporanea e in generale la creatività possano davvero aiutare a veicolare messaggi sociali quali per esempio la salvaguardia ambientale?
Sono convinto che la società sia l’evoluzione di se stessa. Gli odi, le guerre, le epidemie, le violenze, i tradimenti e qualsiasi altro sentimento o pratica non consona esistono dalla notte dei tempi.
Caino e Abele, Romolo e Remo, Gesù e Giuda…. e oggi? Indifferenza verso le persone, verso l’ambiente. È quindi facile per un artista legare fatti di oggi con quelli del passato e dipingere nell’animo delle persone una convinzione, un sentimento che loro stessi inconsciamente già condividono ma devono solo liberare.
Le tue fonti di ispirazione. Da dove scaturiscono le idee di nuovi progetti o lavori? Attualità, letture, circostanze casuali oppure ossessioni personali?
L’attimo forma l’idea. Le forme nascono poi successivamente all’intuizione fulminea, scaturite da un’immagine, un incontro, un’esperienza che scatena in me la voglia irrefrenabile di realizzarla nel più breve tempo possibile. Non c’è una progettazione vera e propria delle opere, c’è un progetto che probabilmente prevedrà una serie di opere, che anch’io conoscerò solo alla fine.
Il primo amore non si scorda mai. Qual è l’opera o l’artista che in qualche modo ha lasciato un segno nel tuo percorso?
L’ ispirazione essenziale dai grandi maestri dell’arte l’ho assorbita da Alberto Burri che, utilizzando materiali apparentemente inutili, testimoniava il suo disagio attraverso i patimenti dei soldati in guerra. Da parte mia, utilizzando materiale organico destinato alla discarica, dono nuova vita agli scarti: “dall’edibile che nutre il corpo, all’arte che nutre lo spirito”.
Un’altra analogia può essere il metodo di conservazione degli elementi: come Damien Hirst tratta gli organici con formalina, io tratto il pesce con una soluzione di mia creazione, che ne conserva addirittura i colori naturali, se esposto non a raggi solari. Penso poi alla cristallizzazione delle opere, a Pierre Fernandez Arman che bloccava gli elementi con colate di resina trasparente.
Il rapporto/confronto tra artista emergente e curatore: lo definiresti necessario, occasionale o superfluo?
Sì, necessario. Se continuo e non episodico. Intendo che, esaurito un progetto sia sempre lo stesso curatore, che, conoscendo la tua arte, ti coinvolga in altre avventure mantenendoti partecipe e vivo artisticamente.
Sarai presente a Paratissima Art Station all’interno della mostra “C.R.A.C. – Crepe, rotture, alterazioni e cicatrici” a cura di Rosanna Accordino e Ludovica Lamoure. Come ti collochi all’interno di questo progetto dal punto di vista della tua proposta artistica?
I miei progetti hanno sempre dato spazio e evidenziato ferite interiori dell’essere, riflettendo la mia anima, indagando il noto e l’ignoto e i percorsi tortuosi del pensiero umano. Dal 2020, in seguito a vicende subite, torno a trattare con molta più forza e rabbia i temi che mi sono stati cari fin dagli esordi: i comportamenti scellerati dell’uomo ed il conseguente deterioramento ambientale e sociale. Nella mia incessante ricerca di materiali organici marini che trasmettano dei messaggi forti ha scoperto “le schiuse di ovature”, affascinanti agglomerati che evocano il senso della Vita e che ora fanno parte delle mie nuove opere.
Se un giovane ti chiedesse un consiglio su cosa è indispensabile per un artista agli esordi?
Dico di non scoraggiarsi mai. Ascoltare molto, frequentare per quanto è possibile il mondo dell’arte, avere motivazioni valide, lasciarsi scorrere addosso le critiche e saper cogliere la parte sana di esse. Naturalmente bisogna essere anche razionalmente convinti che non si può vivere di sola arte, almeno per i primi tempi.
Tre hashtag indispensabili per definire la tua poetica e a cui non potresti mai rinunciare…
#trasparenza #contaminazione #deterioramento