Le tue coordinate, anagrafiche e geografiche.
BNDRCR73D25E290Q, 43°52′45.92″N 8°00′58.98″E. Più semplicemente, sono nato e vivo ad Imperia in Liguria.
Definiresti il tuo percorso formativo lineare o atipico?
Beh, direi atipico inizialmente, visto che ho fatto studi tecnici conseguendo una laurea in Ingegneria, poi artisticamente ho fatto un passo alla volta cercando di crescere, partendo come autodidatta, quindi in una maniera sicuramente più lineare, partecipando ad eventi sempre più importanti e di livello.
Ogni artista si differenzia per uno stile particolare, dato da una sommatoria di fattori differenti. La tua ricerca predilige un mezzo espressivo o una tecnica in particolare? Nelle tue opere vi è qualcosa di inevitabilmente ricorrente, a livello di soggetto o messaggio? Quali sono i tratti distintivi della tua ricerca?
Principalmente, il mio mezzo espressivo per eccellenza è la macchina fotografica, sebbene negli ultimi tempi abbia ampliato la mia ricerca artistica con un’apertura verso la creazione di opere naturali, delle piccole installazioni/sculture (il Reliquiario Botanico). Amo ritrarre soggetti femminili e inevitabilmente affondo nel mio lato più malinconico: credo possa dire che in generale, il posto dove vivo mi influenzi parecchio e quindi nella mia fotografia emerga prepotentemente la Natura, che sia l’acqua del mare o l’ambientazione bucolica. Negli ultimi anni è riemersa la mia vecchia passione per la botanica che si è riflessa in maniera naturale nei mie lavori più recenti.
Le tue fonti di ispirazione. Da dove scaturiscono le idee di nuovi progetti o lavori? Attualità, letture, circostanze casuali oppure ossessioni personali?
Sono un grande appassionato di musica, avendo anche lavorato come giornalista per la rivista “Blow Up” e pertanto ritrovo nelle canzoni spunti e ispirazioni: ascoltare musica è il mio modo per concentrarmi e rilassarmi. Poi la letteratura, visto che adoro il classico romanzo americano, cui ahimè dedico davvero troppo poco tempo, ha ad esempio ispirato la serie Anedonia (da “Le correzioni” di Jonathan Franzen).
Ad ogni modo non c’è fonte di ispirazione paragonabile a quella che scaturisce dal viaggiare, anche solo per un lungo giro in auto. Immergermi nella natura, sentirla vicina, facendo semplicemente una camminata in un bosco, spesso inebriandomi della mia solitudine fatta di ricordi.
Il primo amore non si scorda mai. Qual è l’opera o l’artista che in qualche modo ha lasciato un segno nel tuo percorso?
Ogni volta che ho fatto un’intervista e mi si è posta questa domanda, ho sempre risposto Guy Bourdin, per la sua visionaria concezione della fotografia, sebbene poi non penso che mi abbia influenzato, più che altro ammiro la sua estetica e le idee innovative che possedeva.
Il rapporto/confronto tra artista emergente e curatore: lo definiresti necessario, occasionale o superfluo?
Tutto dipende da chi si incontra e dalla preparazione/conoscenza che il curatore possiede. Avere una figura di riferimento con cui confrontarsi è davvero importantissimo, necessario soprattutto quando l’obiettivo comune sia quello di voler ideare un’esposizione. A volte si possono incontrare “curatori” che impongono la propria idea, non è più un confronto, ma è quasi un consiglio obbligato. Trovo che sia solo dannoso per la libertà espressiva dell’artista e poco professionale da parte loro.
Stai lavorando a qualche progetto futuro in particolare? Una mostra o una serie di opere nuove?
Fortunatamente, dopo un periodo iniziale diciamo di appannamento, il lockdown mi ha portato in dote anche alcune idee che stanno sfociando in ben due nuove serie: “Clorofilla” ha già avuto la fortuna di essere esposta per una galleria cinese in questo periodo (dal 6 giugno al 18 luglio), “Nantes lubricis pelagi” è qualcosa di onirico e non so dove mi porterà, staremo a vedere. Poi ora è il momento giusto per tornare ad immergersi a fotografare sirene nel mio mare e non vedo l’ora che avvenga per poter ampliare il mio lavoro del progetto underwater.
Se un giovane ti chiedesse un consiglio su cosa è indispensabile per un artista agli esordi?
Senza dubbio quello di seguire il proprio istinto e di fare ciò che si ha dentro, senza copiare o seguire dei modelli, prenderne ispirazione e riadattare, trovando il proprio stile. Trovo che tra i giovani fotografi ci sia una corsa ad emulare pedissequamente questo o quel fotografo, ancor più quel tale scatto, senza apportare nulla di nuovo.
La prima opera d’arte venduta segna una svolta, attesta il passaggio da un livello di produzione privato e personale a una dimensione professionale. Che ricordi hai in merito? A parte la mera transazione economica, tra artista e collezionista normalmente si crea un rapporto elettivo di scambio reciproco?
Vendere la propria opera è qualcosa di estremamente eccitante, pensare che qualcuno si innamori perdutamente di una tua creazione portandosela a casa, potendola così ammirare tutti i giorni. Ricordo bene l’emozione della mia prima vendita o comunque della primissima vendita di una certa importanza, ero elettrizzato ed incredulo. Per quanto mi riguarda non sono mai riuscito a stabilire una connessione col collezionista, sono sempre state – nel maggiore dei casi – persone diverse.
Tre hashtag indispensabili per definire la tua poetica e a cui non potresti mai rinunciare…
#natura #malinconia #solitudine