Le tue coordinate, anagrafiche e geografiche.
Mi chiamo Silvia Maria Gisella Bosio sono nata e cresciuta a Calolziocorte in provincia di Lecco, paese dove attualmente svolgo la mia professione – perché, ahimè, ad oggi la mia arte non mi permette di renderlo a tutti gli effetti il mio lavoro principale.
Definiresti il tuo percorso formativo lineare o atipico?
Molto atipico direi… sono figlia di una professoressa di storia dell arte e disegno, nonché pittrice paesaggistica. Da piccola ho realizzato qualche quadro che è stato molto apprezzato, ma poi, crescendo ho abbandonato l’arte per poi riavvicinarmi solo qualche anno fa, cercando di recuperare il tempo perso.
Ogni artista si differenzia per uno stile particolare, dato da una sommatoria di fattori differenti. La tua ricerca predilige un mezzo espressivo o una tecnica in particolare? Nelle tue opere vi è qualcosa di inevitabilmente ricorrente, a livello di soggetto o messaggio? Quali sono i tratti distintivi della tua ricerca?
La mia tecnica predilige l’uso delle spatole, classiche o le giapponesi o anche le setole dei lavavetri, e l’ utilizzo di differenti materiali per dare tridimensionalità e matericità al quadro. Non riesco mai a dipingere se non seduta a terra e possibilmente scalza. Ho bisogno del contato con la Terra, come se questa mi restituisse energia: un po’ un ritorno all’infanzia, a qualcosa di primitivo. La mia ricerca si basa sul confronto con il mio peggior critico, ovvero me stessa. Amo cercare ispirazione tra i libri di arte di mia madre e poi dare una mia interpretazione. Anche i titoli dei miei lavori spesso sono costituiti da frasi di canzoni che ascolto mentre dipingo e che mi guidano nella realizzazione dell’opera, come per magia.
Le tue fonti di ispirazione. Da dove scaturiscono le idee di nuovi progetti o lavori? Attualità, letture, circostanze casuali oppure ossessioni personali?
I nuovi progetti prendono ispirazione da immagini che vedo, da libri che sfoglio o da foto che scatto a paesaggi che mi colpiscono e che rivisito in chiave astratta; infine, dalle mie idee notturne, le idee serali sono sempre le più preponderanti, perché arrivano dal mio inconscio lasciato libero di sognare, svincolato dai doveri e dalle responsabilità, dalla mia ossessione di non focalizzare mai la pensiero verso ciò che non conosco, dalla curiosità.
Il primo amore non si scorda mai. Qual è l’opera o l’artista che in qualche modo ha lasciato un segno nel tuo percorso?
Potrei dirti moltissimi nomi: da Kandinsky a Matisse, da Vedova a Boetti; da Magritte a De Chirico…insomma molti e altri ancora. Non amo focalizzarmi su un genere solo, amo ampliare il più possibile le mie conoscenze, grazie alla mia indole curiosa. Amo moltissimo, ad esempio, anche la fotografia, ne sono pazzamente affascinata, ma sono una pessima fotografa.
Detto ciò, alla tua domanda “il primo amore non si scorda mai” rispondo: un quadro ad acquerello di Venezia dipinto da mia mamma.
Il rapporto/confronto tra artista emergente e curatore: lo definiresti necessario, occasionale o superfluo?
Necessario, e lo scriverei a caratteri cubitali! Senza se e senza ma, soprattutto per una come me incapace di esternare le proprie emozioni se non su tela.
Stai lavorando a qualche progetto futuro in particolare? Una mostra o una serie di opere nuove?
La mia ricerca è in costante evoluzione: in questo momento mi sto dedicando a una serie di opere utilizzando pagine di libri apposte su tele dipinte che spaziano dal surrealismo all’ astratto e sto cercando un nuovo materiale da utilizzare su alcune tele.
Il tuo approccio alla pittura è iniziato con una fase di totale stravolgimento della tua vita: quanto i momenti di crisi e cambiamento influiscono secondo te sulla poetica di un artista? Si può creare anche in momenti di relativa stabilità e certezza del proprio percorso di vita?
Posso risponderti in base la mia esperienza personale di donna artista. Le donne sono brave a rialzarsi dopo momenti dolorosi o esperienze negative e questo fa si, nel mio caso, che io riesca sempre a dipingere nuove idee. Non credo che la vita sia sempre certa e stabile, almeno la mia non lo è mai stata, perciò traggo sempre forza dai momenti di instabilità: grazie alla mia famiglia ho imparato ad essere positiva e a non arrendermi mai.
Se un giovane ti chiedesse un consiglio su cosa è indispensabile per un artista agli esordi?
Mi imbarazza rispondere a questa domanda in quanto mi ritengo anch’io agli esordi. Forse gli suggerirei di avere costanza, di contare solo su se stesso, di provarci anche quando pensa che tutto sia impossibile perché l’istinto è una cosa meravigliosa e bisogna fidarsi di ciò che si ama perché l’amore ci porterà ovunque abbiamo bisogno di andare.
La prima opera d’arte venduta segna una svolta, attesta il passaggio da un livello di produzione privato e personale a una dimensione professionale. Che ricordi hai in merito? A parte la mera transazione economica, tra artista e collezionista normalmente si crea un rapporto elettivo di scambio reciproco?
La prima opera che ho venduto è un’opera cui sono legata da un doppio filo invisibile; non solo per il legame che mi unisce all’opera stessa, ma anche perché la persona che l’ha acquistata, insieme a mia madre, ha sempre creduto in me.
Tutt’oggi è uno dei pochi veri amici che ho e che segue con curiosità i miei lavori. Una persona cui voglio bene.
Tre hashtag indispensabili per definire la tua poetica e a cui non potresti mai rinunciare…
#lamiaanima #pugnonellostomaco #ilmiorifugio