Meet the artist: la delicatezza delle Sindoni Vegetali di Gaia Bellini

Era tra i “think BIG!” selezionati per l’edizione 2020 di Paratissima Bologna e tutti siamo rimasti affascinati dalla grazia delle sue Sindoni Vegetali: Gaia Bellini ci racconta come un giorno, durante un viaggio in America Latina, ha deciso di dedicarsi all’Arte.

Le tue coordinate, anagrafiche e geografiche.

Sono nata – e tutt’ora vivo – in un piccolo paese sulle rive del Lago di Garda, nel Dicembre 1996.

Definiresti il tuo percorso formativo lineare o atipico?

Credo di poter identificare come mia prima formazione artistica un viaggio sulla strada durato un anno in America Latina, in occasione dei miei diciott’anni, che non ha avuto a che vedere con l’arte nella concezione più semplicistica del termine, ma piuttosto con una continua scoperta di concetti, intuizioni, e una formazione esperienziale sul sé. Da queste esperienze è nata la necessità di raccontare la vita attraverso immagini, il modo più autonomo per esprimere le sensazioni che io conosca, ed ho quindi scelto di approfondire la parte estetica all’Accademia di Belle Arti di Venezia.

Sindone vegetale, Gaia Bellini, stampa botanica su tela, 18x13x4 cm, 2019

Ogni artista si differenzia per uno stile particolare, dato da una sommatoria di fattori differenti. La tua ricerca predilige un mezzo espressivo o una tecnica in particolare? Nelle tue opere vi è qualcosa di inevitabilmente ricorrente, a livello di soggetto o messaggio? Quali sono i tratti distintivi della tua ricerca? 

Mi baso sul concetto di colore naturale partendo dal principio secondo cui la luce riflessa non ha colore, finché non è vista da qualcuno, essendo i colori sensazioni e non qualità degli oggetti. E se la tintura, a differenza della pittura, consiste nel rendere un colore intrinseco alla tela anziché sovrapposto, la mia ricerca parte dalla consapevolezza di lavorare rendendo intrinseca ai miei lavori una sensazione (il colore appunto).

Il mio lavoro si concentra poi concretamente sulle “Sindoni vegetali”, tele che creo con la tecnica di stampa botanica. Le sindoni assorbono il colore contenuto all’interno di bacche e semi che avvolgo nella tela durante la sua prima fase di mutamento,  quella che io vedo come una performance nascosta. Nel tempo la tela andrà poi mutando, in alcuni casi tornando al vuoto originale. È il mio modo per parlare di delicatezza, ma anche per accettare la natura transeunte delle cose, cogliere la bellezza dell’impermanenza.

Le tue fonti di ispirazione. Da dove scaturiscono le idee di nuovi progetti o lavori? Attualità, letture, circostanze casuali oppure ossessioni personali?

Ognuna di queste cose dà ispirazione al mio essere: la poesia, la medicina delle erbe, la letteratura, l’estetica, la storia e la filosofia. Poi e prima è la natura in cui respiro la mia quotidianità. Dopo aver nutrito me stessa di questa bellezza, nascono le intuizioni che diventano poi i progetti che alcune volte vengono alla luce.

Il primo amore non si scorda mai. Qual è l’opera o l’artista che in qualche modo ha lasciato un segno nel tuo percorso?

Il mio percorso è stato segnato da giornaliere passeggiate all’interno delle Gallerie dell’Accademia, a Venezia. Camminando come esercizio visivo tra le bellissime opere rinascimentali, mi sono infatuata dapprima dei colori, tralasciando la forma. Poi la mia attenzione si è rivolta agli sfondi, a quei meravigliosi giardini dell’anima, simboli indagatori dei più disparati ambiti della vita umana, posti all’inizio ed alla fine del modo. Con il mio lavoro ho così cercato di trovare una traduzione contemporanea per quella bellezza delicata e preziosa.

Sindone vegetale di Gaia Bellini, Stampa botanica su tela, 62x46 cm, 2019

Il rapporto/confronto tra artista emergente e curatore: lo definiresti necessario, occasionale o superfluo?

Il rapporto con i curatori nella mia esperienza è sempre stato prezioso nella misura in cui c’è stata stima e riconoscimento reciproci. È sempre stimolante lavorare tra persone con cui si va ad instaurare un rapporto di intesa.

Stai lavorando a qualche progetto futuro in particolare? Una mostra o una serie di opere nuove?

In programma ho una bi personale al Museo Civico di Crema e del Cremasco curata da Silvia Scaravaggi, e la residenza V_AIR presso il MUST.

Ora sto lavorando a dei pezzi per i Mercati di Traiano – Museo dei Fori Imperiali, e contemporaneamente mi sto dedicando ad una serie di tele di grandi dimensioni.

Sindone vegetale | à la recherche du bleu di Gaia Bellini, Stampa botanica su tela, 75x55 cm, 2017

Se un giovane ti chiedesse un consiglio su cosa è indispensabile per un artista agli esordi? 

Abbiamo infinite possibilità che intercorrono tra la vocazione ed il lavoro. Trovo però importante farsi domande come individuo, trovare la propria voce prima ancora di cercare un modo per raccontarsi, e ricercare poi le parole giuste di quel che si vuole dire, in modo da restituirne un’immagine chiara, costruendo il proprio lavoro giorno dopo giorno partendo dal proprio vissuto, senza ricreare bellezze e verità artificiali a noi stessi.

La prima opera d’arte venduta segna una svolta, attesta il passaggio da un livello di produzione privato e personale a una dimensione professionale.  Che ricordi hai in merito? A parte la mera transazione economica, tra artista e collezionista normalmente si crea un rapporto elettivo di scambio reciproco?

Quando un collezionista sceglie il tuo lavoro, ben oltre a questo sposa la tua idea, la tua visione e la tua decodificazione della realtà. Una sorta di poesia si crea nel momento in cui un essere umano crede che la cosa per cui valga di pagare è la tua ipotesi fatta immagine, il manifestarsi di una tua idea, riconoscendone il valore. Si rende così partecipe di un mondo interiore, immedesimandosi o riconoscendosi in te. È inevitabile quindi che una qualche alchimia si accenda tra artista e collezionista.

Tre hashtag indispensabili per definire la tua poetica e a cui non potresti mai rinunciare…

 

#delicatezza #bellezzadell’impermanenza #sindonivegetali

Sindone vegetale di Gaia Bellini, Stampa botanica su tela, 65x130cm, 2019

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