Sogno dunque sono
a cura di Sara Lo Coco, Ludovica Tata, Ambra Vitali
L’atto del fantasticare viene spesso e comunemente inteso come una sterile evasione dalla realtà, una semplicistica fuga verso universi paralleli. Così la cultura dominante occidentale tende a schiacciare la capacità immaginativa dell’individuo fin dalla più tenera età. L’idea di un’interiorità, contrapposta al mondo sensibile, esterno e autonomo, si sviluppa quando Cartesio pone come centrale la questione della coscienza e afferma che non si può riporre fiducia nei sensi e specialmente nei sogni, definiti falsi a priori. Eppure, la coscienza viaggia durante tutta l’esistenza tra stato di veglia e sonno. Proprio in quest’ultimo, l’individuo si isola completamente ed è costretto a un confronto profondo con il sé, in una pratica che può risultare seducente e catartica se si conoscono le vie di fuga per non annegare nei meandri dell’inconscio.
Durante questo viaggio nell’ignoto è sempre presente uno stato di consapevolezza: in questo senso i sogni possono influenzare la comprensione del mondo e fungere da portali per luoghi differenti. Secondo Michel Foucault, ad esempio, la dimensione onirica è il terreno perfetto per una fuga in avanti, al di là dei limiti e dei vincoli imposti allo stato di veglia per controllare la capacità di visualizzare altro, il nuovo. Magari una realtà rivoluzionaria, liberata.
La facoltà immaginativa è stata rivalutata anche grazie all’insegnamento di alcune popolazioni indigene e delle culture orientali. I sogni possono configurarsi come una forma di conoscenza collettiva, non solo come un’attività cerebrale e strettamente individuale: possono garantire la comprensione e l’avanzamento di una società, svelando il presente e permettendo di organizzare il futuro. L’attività onirica è considerata l’espressione delle energie primordiali e creatrici, che pulsano in ogni elemento della natura, in ogni frammento del tempo, indistruttibili e inesauribili. Per le popolazioni indigene, il sogno è la percezione del mondo invisibile da parte dell’anima, attraverso un linguaggio universale che collega tutti gli individui al di là di sesso, etnia, classe e religione. Questo stato alterato della coscienza, che può essere spontaneo o indotto (per lo più con digiuni, danze estatiche, assunzione di allucinogeni o altri rituali), produce immagini, perché il sogno collega la coscienza al primordiale stato di creatività.
Non a caso, il processo di creazione artistica intercetta lo spazio onirico come ambiente privilegiato per le sue sperimentazioni, luogo ideale dove è possibile afferrare nuove intuizioni. In una società soffocante, che ha fatto della razionalità strumentale uno dei suoi baluardi, riportare la facoltà di sognare ad una condizione primaria è una forma di resistenza: significa riconsiderare la poesia, l’imprevisto, l’immaginario e sprigionare tutto il potenziale eversivo e radicale del sogno.