Carlo D’Oria
Carlo D’Oria (Torino 1970). Si diploma nel 1997 presso l’Accademia Albertina di Belle Arti (Torino). Sin dai primi lavori si è concentrato sul tema nodale della sua opera: l’UOMO e l’umanità. Lo scultore ci rivela per quello che siamo: una molteplicità immensa di creature vive, stanche, gobbe, simili nel loro anonimato e paradossalmente uniche.
Il lavoro lo trova presente in numerose esposizioni, sia collettive sia personali presso gallerie d’arte contemporanea , musei e spazi pubblici, sia in italia che all’estero. Nel 2021 espone le sue opere in musei come il Museo Civico di Arte Antica Palazzo Madama di Torino, il Museo Lavazza di Torino, e nella palazzina di caccia di Stupinigi – Residenza Sabauda -, nel 2018 partecipa alla mostra Grotesque, MISP, Museo d’Arte di S. Pietroburgo dei secoli XX-XXI, San Pietroburgo , ed è presente in collezioni pubbliche quali: Collezione della Farnesina a Roma, il Museo di Arte Contemporanea, Castello di Rivara (TO), la collezione del parco d’arte Quarelli di Roccaverano (AT).
La sua produzione comprende anche Opere Pubbliche, nel 2003 realizza la Porta dell’uomo, porta di accesso al centro storico di Acqui Terme (AT), nel 2004, sempre ad Acqui Terme la Porta delle buone terre e la Porta delle acque termali. Per il Parco d’arte Quarelli di Roccaverano (AT) presente la scultura Lasso, Germogli nel 2016 per il Castello di Rivara, Museo di Arte Contemporanea, Rivara (TO), nel 2017 , in occasione della mostra itinerante Art Site – Residenze Reali, colloca l’opera Caverna nel Parco del Castello di Racconigi, Racconigi (TO), Aquae Mundi, Panchina d’Artista, nel 2019 è la decima di altre Panchina d’Artista presenti nel parco pubblico di Vigone (TO), per il comune di Collegno (TO) nel 2020, realizza la scultura Terra come conclusione di una serie di installazioni realizzate per il museo a celo aperto dell’aereospaziale. In fine nel 2021 realizza l’opera site specific Flusso, per li comune di Vinadio (CN) collocata nel parco del Forte di Vinadio.
Interferenze
Interferenze, sovrapposizioni, sovrastazioni. Così Carlo D’Oria, con i suoi ultimi lavori, ci parla ancora dell’uomo. Ma questa volta l’accento si posa sulla smania dell’ego scalpitante che da sempre (e sempre più) s’affanna a primeggiare, sulla compulsività narcisistica della prima persona e sulla sua maniacale liturgia autocelebrativa, sull’io sopraffattore dell’altrui spazio vitale. Un io vorace e prismatico, dai molti sé. Un io che si ostina a recitare a soggetto. Anzi, che continua a credersi l’unico vero soggetto, almeno sul pianeta che ha la ventura di ospitarlo.
Interferenze, sovrapposizioni, sovrastazioni. Così Carlo D’Oria, per descrivere la smaniante egolatrìa dell’essere umano, ha scelto, in verità, di abrogare il soggetto, di “svuotarlo” e di renderlo appena una sagoma. Una sagoma che, inevitabilmente, va a interferire con i profili altrui. Ed è proprio nel momento cruciale dell’interferenza che il gioco prende vita. Come per magia.
Per fare tutto ciò, Carlo ha dismesso i panni del plasticatore. Le sagome di queste opere sono ottenute piegando a mano il ferro: si tratta di ferri nervati, da carpenteria. La caratteristica più singolare di tali sculture, però, è che pur nell’assoluta stilizzazione delle forme, ma in virtù dell’estrema perizia e sensibilità dell’artista, i profili delle figure riescono a trasmettere l’impressione di una precisa dimensione “psicologica”. Impressione evocata dal semplice atteggiamento posturale. La capacità di sintesi, in effetti, è un dono prezioso. Qui, poi, la sintesi diventa addirittura musica. Una musica dal respiro vagamente melottiano. L’interferenza tra una sagoma e l’altra, insomma, finisce per armonizzare le diverse forme, in un contrappunto di linee che conserva l’immediatezza dell’improvvisazione, senza tradire la sofisticata complessità di un’architettura formale meticolosamente studiata attraverso il disegno.
Interferenze, sovrapposizioni, sovrastazioni: punti mentali che tracciano traiettorie nello spazio e proiettano ombre sui muri (ecco la vera tridimensionalità di queste sculture, una tridimensionalità fantomatica, di luci e ombre riflesse). Così Carlo D’Oria, a modo suo, ci parla di individualismo e individualità.
Testo critico a cura di Armando Audoli