Manfredi Zimbardo
Manfredi Zimbardo è un fotografo di 29 anni nato a Palermo e residente a Milano.
Laureato in Fotografia presso l’istituto Europeo di Design (IED) di Roma nel 2017, ha conseguito un Master di alta formazione sull’immagine contemporanea presso la Fondazione Modena Arti Visive (FMAV).
La fotografia è per Manfredi come un piccolo diario personale, dove annotare giorno dopo giorno le sue emozioni e sensazioni.
IG: @littlehoodyz
Una notte a Praga
Il lavoro di ricerca
La ricerca di Manfredi è focalizzata sul rapporto fotografo-soggetto, dunque sulla relazione che nasce, si evolve e diventa qualcosa in più di una sola immagine. Diventa un percorso personale, dove il luogo, il paesaggio fa da collante. La fotografia è una conseguenza, arriva dopo, prima arrivano delle vibrazioni che mi portano ad osservare.
Paratissima Factory - The Exhibition IV
L’ALTRO LUOGO. VITA E CORPI UTOPICI
“Il mio corpo è il luogo a cui sono condannato senza appello.” (Michel Foucault. Utopie. Eterotopie, 2006, p 32)
Con queste parole Michel Foucault descrive il suo corpo, utopico, condanna fino alla fine dei giorni senza alcuna possibilità di appello, immagine riflessa e imperfetta, compagna nella vita e nella morte. L’altro luogo. Vita e corpi utopici guida alla scoperta di un corpo che diventa solido ed eterno, incomprensibile e penetrabile, opaco e aperto, postumano, nudo e freddo, invisibile se non attraverso lo specchio fotografico o sotto forma di cadavere. “Per essere utopia basta essere corpo” in relazione con la materia fredda e viva della natura.
Materico, truccato e tatuato dalle bellezze di quel Terzo paesaggio di cui parla Gilles Clément, in cui l’assenza dell’attività umana ha generato un rifugio per la conservazione della diversità biologica generando una relazione con quei poteri segreti e quelle le forze invisibili che si celano dopo la morte e grazie ai quali diventa frammento di uno spazio immaginario.
Il corpo non ha luogo e si trova coinvolto in un ciclo di composizione con il non-umano, all’interno di una rete di relazioni in cui materia e corpo non hanno più differenze, in cui le connessioni dinamichetra soggetti, oggetti e habitat si trovano abbracciati vivendo e morendo assieme, in cui la biologia e la materia riacquisiscono la propria agency diventando promotrici dei fenomeni del mondo e dei comportamenti sociali e politici. Basterà allora seguire il flusso naturale dei vegetali, seguendo la corrente biologica che anima il luogo utopico, entità viva con possibilità di rigenerazione. Il corpo è cadavere e il cadavere è il corpo visibile, puro, utopico, semplice, tangibile e spontaneo.
A cura di Giuditta Mottura e Arianna Sollazzo