Michele Arrabito
Michele Arrabito è nato nel 1995 a Bogotà, cresciuto in Sicilia, vive a Milano si è laureato in Graphic Design e Multimedia e Photography and Visual Design alla NABA. I suoi lavori sono stati esposti alla Biennale di Firenze (2019) e pubblicati su Fucking Young (2017), Paper Magazine e Billboard Italia (2019), C41 Magazine, Slippage, Shuba Magazine, Farma 282, Perimetro, Oneg Magazine, NSS Magazine, Zero.Eu (2021), Sicky Magazine (2022). Ha pubblicato Barlume con Frab’s (2021).
BARLUME
SEXTING
Il lavoro di ricerca
Michele Arrabito è un fotografo editoriale a cui piace esplorare la città e cogliere i barlumi che arrivano inaspettati, godere di geometrie, dettagli e prospettive spesso casuali, ma a cui il suo sguardo distintivo sa attribuire nuovi significati. Questa stessa ricerca lo spinge ad indagare il concetto di morale ed esplorare i più svariati contesti sociali e mediatici, con la voglia incessante di raffigurare la bellezza e la felicità.
The Exhibition
NATURA MORTA, 2022
La ricerca sulle microplastiche è l’oggetto di studio che Michele Arrabito ha approfondito durante la residenza. Guidato da una sensibilità che lo porta a riflettere sull’impatto che questi microscopici frammenti plastici producono sulle piante e sul pianeta, con il suo lavoro indaga su possibili evoluzioni distopiche. Se il dibattito sul post umanesimo ha già avuto luogo, in questa sede si riflette sul post vegetale.
La questione dell’inquinamento causato dalla plastica oggi presenta finalmente risvolti positivi: gradualmente i polimeri vengono sostituiti con materiali bio di nuova generazione, ma la produzione di rifiuti che finisce nelle discariche è ancora considerevole.
Michele analizza le conseguenze che la produzione di questo materiale ha prima di tutto sul suolo quando, in seguito all’azione del sole e degli altri agenti atmosferici, si logora al punto di diventare così impercettibile da confondersi con le particelle del terreno. Così immagina nuovi ibridi vegetali: crea delle sculture dalle sembianze viventi plasmando insieme plastica con terriccio naturale e artificiale. Queste piante dall’aspetto mutante diventano letteralmente “natura morta” che poi viene fotografata e ancora una volta immortalata creando un’ambientazione fredda e fatiscente dai toni post apocalittici.
Nelle sue foto la linea tra l’artificio e il vivente è labile, così come la sua presa di posizione: l’artista rimane equidistante come un osservatore imparziale che ci invita a riflettere sulla natura sempre più complessa degli esseri viventi sul nostro Pianeta. Tramite il suo lavoro interroga su una questione idealmente fantascientifica, se non fosse la condizione attuale della nostra epoca: ci nutriamo delle piante per acquisire da loro il massimo beneficio, ma con esse finiamo per assumere anche la plastica, presente nell’acqua e nel suolo. La domanda da porsi è: siamo disposti ad accettare la transizione verso uno stato ibrido?
A cura di Cristina Meli
IG: @michelearrabito