VALENTINA ADDABBO – OROLACCHE RESTAURI DI NINNI SOL JASCH

 

TESTE DI PIETRA

Valentina Addabbo nasce a Torino nel settembre 1974 inizia a disegnare molto presto e dopo il diploma al liceo artistico, si laurea in Pittura all’accademia Albertina di belle arti di Torino con una tesi sulla simbologia del rosso

Studia a Venezia e a Madrid dove alterna gli studi in pittura allo studio della recitazione, lavorando in diverse compagnie teatrali 

Dopo la laurea si trasferisce a Lisbona con una borsa di studio e lavora come assistente alla cattedra di Pittura all’accademia di belle arti di Lisbona

Incomincia ad appassionarsi all’acquerello e alle chine durante un viaggio al nord Europa, dove ha modo di vedere dal vivo gli acquerelli di Emil Nolde  nella sua casa museo al confine con la Danimarca, e se ne appassiona al punto di incominciare un lavoro sulla natura e sulle ambientazioni nordiche seguendo le orme dell’artista.

I lavori di Valentina Addabbo partono sempre da elementi naturali, come creature dell’acqua, alghe, meduse, insetti e pietre, per poi trasformarsi in installazioni o polittici dai colori sgargianti e dalle grandi dimensioni.

L’artista cerca, attraverso l’installazione dei suoi lavori, di portare lo spettatore a fruire un’ambientazione, più che un singolo disegno, e per fare questo porta i suoi lavori a diventare delle serie con misure e  collocazioni particolari, creando delle esperienze che non sono solo di semplice osservazione.

Ha iniziato a disegnare le pietre, i fossili, i minerali usando materiali come, acqua e acquerello e l’ha fatto perché sentiva di essere molto simile a una pietra, non gli riusciva di fare altro. Sentiva che il suo cuore e la sua testa erano molto duri, un po’ atrofizzati. Le mancavano i pensieri e quelli che avevo erano costantemente confusi. Era ferma, e le pietre le faceva sulla carta le sentiva anche dentro di se, come se tutti i suoi organi si fossero fossilizzati.

Le sembrava che il cuore prima di tutto, ma anche il cervello, i polmoni, i reni e i suoi organi interni che aveva sempre sentito attivi e pulsanti fossero rotti o scheggiati o in qualche modo pesanti come macigni. Ma mentre le pietre prendevano forma sentiva la necessità di avvicinarle, di connetterle una con l’altra attraverso nervi, fili e piccoli segmenti colorati

In questo modo dalle pietre è venuto fuori qualcosa simile a nuovi organi coloratissimi e meno duri.

 

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